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Crispilla.
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Giorno 15.
Per un pugno di dollari, di Sergio Leone, 1964
Un consiglio?
Ascoltatevi questo pezzo mentre leggete!
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Crispilla.
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Siamo a metà percorso e ancora niente, eh?
Nemmeno la musica vi smuove! -__-"
Giorno 16.
Blow up, di Michelangelo Antonioni, 1966
La storia è imperniata su un fotografo londinese di moda, Thomas, che è convinto di aver scoperto un omicidio, nel quale è coinvolta una misteriosa donna che appare nelle sue fotografie.
Come un professionista, il fotografo s'inoltra nell'ambiente ricco e raffinato della Swinging London anni sessanta. Un giorno s'imbatte in due amanti in un parco e scatta loro delle foto. La donna della coppia se ne accorge e cerca disperatamente di rintracciarlo scoprendo dove abita per farsi dare la pellicola contenente le foto "incriminate". Questo spinge Thomas a indagare, ingrandendo (il cosiddetto Blow-Up) le fotografie. Sembra che esse rivelino un cadavere, ma gli scatti sono oscurati e incomprensibili. Così il protagonista continua le investigazioni, arrivando sempre più vicino alla verità.
La sceneggiatura è tratta da un racconto breve di uno scrittore argentino, Julio Cortázar, dal titolo "La bava del diavolo".
« L'idea di Blow-Up mi è venuta leggendo un breve racconto di Julio Cortázar. Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie. La scartai e ne scrissi una nuova, nella quale il meccanismo assumeva un peso e un significato diversi.»
Così dice Antonioni.
Blow up è uno dei suoi film più premiati, vinse infatti la Palma d'Oro a Cannes nel 1967, un Nastro d'Argento e ricevette tre nominations ai Premi Oscar, tre ai BAFTA e una ai Golden Globes.
E' anche uno dei tre film che Antonioni gira e produce fuori dall'italia, per la MGM: gli altri sono Zabriskie point e Professione reporter, con Jack Nicholson.
Anche in questo film spiccano nomi noti sulla scena internazionale tra gli interpreti: Vanessa Redgrave per prima, Jane Birkin e David Hemmings, che in molti ricorderanno come protagonista dell'intenso "Profondo rosso" di Dario Argento.
La partecipazione di attori stranieri e le location britanniche (in questo caso), contribuiscono a sdoganare il talento di Antonioni, che era già molto affermato in Italia, rendendolo uno dei registi, insieme a Fellini, con i quali il nostro cinema è più identificato all'estero.
L'intera pellicola ha un respiro molto swing e pop, nel pieno stile che dominava la moda di fine anni '60, specialmente a Londra. Ma il vero tema portante è la morbosità e l'ossessione di un fotografo che per puro caso si convince di aver catturato nell'inquadratura la testimonianza inconfutabile di un omicidio.
Un film che si può facilmente accostare a questo è il bellissimo "La conversazione" di Francis Ford Coppola, il quale dichiara apertamente di essersi ispirato a Blow up per la sceneggiatura.
Anche nel film di Coppola si ricrea la stessa atmosfera ansiogena, elettrica, morbosa. Gene Hackman è una sorta di investigatore privato, che di professione fa intercettazioni e registrazioni di conversazioni private, si insinua prepotentemente ma subdolamente nelle vite delle persone, per carpirne i più reconditi segreti. In questo senso, la professione di fotografo del protagonista di Blow up è molto più invadente, dal punto di vista prettamente fisico; difficile non accorgersi di uno che ti vuole fotografare, anche se di nascosto, mentre i microfoni che registrano la tua voce potrebbero essere ovunque.
Insomma, captando una conversazione per un cliente che gli ha chiesto di spiare la moglie ed il presunto amante, si convince che i due siano in pericolo di vita, e che se consegnerà i nastri incriminanti, verranno uccisi dal marito di lei.
Qui, decifrare le parole dette a mezza voce tra la folla di una piazza corrisponde all'ingrandire i particolari di una foto, che inevitabilmente diventa sempre più sgranata. La verità, in entrambi i casi è distorta.SPOILER (click to view)Una cosa che mi lascia ancora perplessa di Blow up, è la scena dei mimi che giocano a tennis. La trovo enigmatica, simbolica e quasi ermetica. Molto più da cinema francese che italiano. Al corso di cinema mi avevano anche spiegato il significato, ma l'ho scordato!
Le coincidenze del destino: Michelangelo Antonioni ci lascia il 30 Luglio 2007, nello stesso giorno di uno dei più grandi registi della storia: Ingmar Bergman, autore di capolavori come "Il settimo sigillo", "Il posto delle fragole" e "Sussurri e grida".. -
Lily Hume.
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A casa mia i film di Leone sono un vero e proprio cult! Clint Eastwood è straordinario nel film, ma anche le musiche sono bellissime. Fra l'altro alcuni effetti sonoro, rivedendo i film, mi hanno ricordato quelli che spesso Tarantino usa nelle sue opere.
Blow up non l'ho visto purtroppo, ma mi intriga parecchio leggendone la descrizione!. -
Merope Wood.
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Io sto annaffiando blow up infatti ^^
uh...per un pugno di dollari *.*
non sono una grande appassionata del genere, ma questo l'ho amato tantissimo...geniale l'idea di mettere la musica di accompagnamento cri ^^. -
Crispilla.
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Lily hai fatto attenzione!
Infatti Tarantino è un grande appassionato di spaghetti - western, in particolare dei film di Leone. In Kill Bill vol.2 quando Budd sta per seppellire la Sposa, parte in sottofondo proprio il tema di "Per un pugno di dollari"!
Blow up ve lo consiglio proprio, anche per avvicinarsi al cinema di Antonioni, diciamo che è uno dei più accessibili.
Tranquilla Me, la metterò ancora la musica!. -
Merope Wood.
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yeah...ecco dove avevo già sentito quella musica...se allo zio Tino piace, allora anche a Merope piace...
e infatti a Merope piace XD. -
Crispilla.
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Giorno 17.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, di Elio Petri, 1970
Ascoltiamo per prima cosa il tema del film, uno dei più famosi di Ennio Morricone.
Il giorno stesso della sua promozione al comando dell'ufficio politico della questura, il capo della sezione Omicidi, uomo all'antica e reazionario, assassina la propria bellissima amante nel suo appartamento, in via del Tempio nº 1. Il film è realizzato con la tecnica dei flashback nei quali viene rivelato che Augusta Terzi invitava il commissario ad abusare del proprio potere o a narrargli particolari scabrosi cui aveva assistito nelle vesti di poliziotto o, ancora, lo provocava parlandogli di una sua relazione con un giovane "rivoluzionario" che altri non è, poi, che lo studente Pace. Consapevole e contemporaneamente incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso.
Film che mi ha letteralmente conquistata e mi ha fatto innamorare di Gian Maria Volonté, della sua faccia sogghignante e della sua recitazione asciutta e mordace.
Il titolo dice praticamente tutto del film: l'ispettore di polizia è un cittadino al di sopra di ogni sospetto. La sua posizione, il suo distintivo, la sua carica lo elevano automaticamente al di sopra del bene e del male, del giusto o sbagliato. Egli è un buono, un giusto e non c'è motivo di dubitarne!
Per questo è quasi comico l'atteggiamento di colleghi investigatori: nonostante le prove e le tracce che l'ispettore semini dovunque e senza nemmeno cercare di celarle, nessuno mai è sfiorato dal minimo sospetto, dal minimo dubbio che sia proprio lui l'assassino.
Memorabili i flashback tra Volonté e la sua amante, i quali trovano eccitazione in modi particolari: lei inscenando vittime di stupri e omicidi scoperti dal suo compagno, lui facendosi trattare come un bambino.
Ma l'ispettore non vuole dimostrarsi superiore alla giustizia, anzi, egli desidera, brama l'essere scoperto, incriminato, e il tutto si completa nell'onirica scena finale, capolavoro di cinematografia ma anche un'aperta critica sociale al clima politico che si respirava in Italia agli inizi degli anni '70.
Alla conclusione del film, appare sullo schermo una citazione di Kafka, che riassume in maniera sublime il concetto chiave del film:
«Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano.»
Il film vinse l'Oscar come miglior film straniero, il Grand Prix della giuria al Festival di Cannes e 2 David di Donatello (miglior film e miglior attore).. -
Crispilla.
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Giorno 18.
Ultimo tango a Parigi, di Bernardo Bertolucci, 1972
Dopo il suicidio della moglie Rosa, il 45enne Paul (Marlon Brando), un americano trapiantato a Parigi, sembra aver smarrito ogni ragione per vivere.
Vagando senza meta per la città, Paul incontra la ventenne Jeanne (Maria Schneider) in un appartamento in affitto in rue Jules Verne, nel quartiere di Passy, che i due casualmente si trovano a visitare insieme. Scattano l'attrazione e la passione, e i due sconosciuti hanno un rapporto sessuale nella casa vuota. Prendono l'appartamento come pied-à-terre e fra loro nasce una relazione di sensi nel corso della quale, ignorando tutto dell'altro partner, persino il nome, esplorano a fondo le rispettive sessualità.
Nella filmografia di Bernardo Bertolucci sono sicuramente tre i titoli che spiccano: Ultimo tango a Parigi, Novecento e L'ultimo imperatore. Senza mettere in dubbio la grandezza degli altri due, non ho avuto alcuna esitazione a scegliere di presentare questo film oggi, sia perchè è un capolavoro, così come lo sono gli altri due, ma soprattutto per quello che ha rappresentato per la storia del cinema (non solo italiano): un caso limite.
L'impronta esplicitamente erotica, passionale e morbosa del film, che non scaturisce soltanto (come si potrebbe pensare) dalle scene di sesso tra i protagonisti, ha contribuito a creare una sorta di aura "demoniaca" intorno al film e a generare tutta una serie di leggende e voci sulla sua lavorazione.
La più nota riguarda l'attrice Maria Schneider, all'epoca appena ventenne: rimase per sua stessa ammissione per sempre segnata e turbata da quel ruolo, specialmente dalla controversa scena nella quale Paul ha un rapporto anale con Jeanne aiutandosi con un panetto di burro. A detta dell'attrice, quella scena non era stata inclusa nella sceneggiatura in maniera dettagliata, perciò fu colta del tutto alla sprovvista, arrivando a definirla quasi uno stupro.
In seguito a quel ruolo maledetto, la Schneider precipitò in un vortice di depressione e droga, dal quale uscì soltanto negli anni '80, quando la sua carriera cinematografica era ormai compromessa per sempre.
Soltanto recentemente, in una delle ultime interviste rilasciate, dichiarò di aver perdonato Brando e Bertolucci per quella scena, e di aver trovato un nuovo equilibrio tale da permetterle di convivere con quell'interpretazione che è senza dubbio stata la sua fortuna ma anche la sua rovina.
Maria Schneider è morta il 3 Febbraio di quest'anno, dopo una lunga malattia.
Il film fu sequestrato dopo la prima proiezione e accusato di "esasperato pansessualismo fine a se stesso". Nel 1976 il film fu condannato alla distruzione e soltanto alcune copie furono salvate, mentre Bertolucci venne condannato per oltraggio al pudore a 4 mesi di detenzione (che non scontò interamente).
Il film venne nuovamente proiettato nel 1982 durante una rassegna cinematografica che costò una denuncia agli organizzatori e soltanto nel 1987 la censura lo riabilitò.
La versione normalmente distribuita nelle sale dura 136 minuti, mentre ne esiste una versione integrale di ben 250.. -
Crispilla.
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Giorno 19.
Amarcord, di Federico Fellini, 1973
La vicenda, ambientata dall'inizio della primavera del 1932 all'inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia) in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell'antico borgo (o "e' borgh" come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del "Sabato fascista", la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, ma soprattutto i giovani del paese; adolescenti presi da una prepotente "esplosione sessuale". Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e lo zio matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità.
E' già il terzo film di Fellini direte voi, e molti altri grandi registi non ne hanno avuto nemmeno uno...ma come si fa a parlare di Fellini con un solo film?
La sua produzione spazia tra i generi, innovando e toccando tutti gli aspetti della vita sociale e di costume dell'Italia. Già è un delitto proporne solo tre, lasciando fuori capolavori come 8½, Le notti di Cabiria, I vitelloni, Fellini Satyricon...
Amarcord è fra tutti il film più intimo e personale di Fellini; il titolo deriva da "a m'arcord", espressione in dialetto romagnolo che significa "io mi ricordo".
Ed è proprio quello che il regista fa: ricordare la sua terra natale, i luoghi e i personaggi della sua adolescenza.
Personaggi che sono quasi delle caricature, delle macchiette, quei prototipi che bene o male si trovano in ogni comunità di paese. Icona è diventata la procace Gradisca, oggetto del desiderio di tutti i ragazzini in piena tempesta ormonale, ma inarrivabile come una figura mitica.
Fellini sarebbe interpretato idealmente da Titta, il vero protagonista del film, fatto di piccoli episodi di vita più o meno quotidiana, sullo sfondo del Fascismo, in quegli anni al suo apogeo.
Amarcord è diventato anche una parola d'uso comune nella lingua italiana, con il significato di ricordo, rievocazione di accadimenti legati al passato in chiave malinconica e profondamente nostalgica.
Di molti registi si dice "ha girato il suo Amarcord", basti pensare in tempi recentissimi al Baària di Giuseppe Tornatore e a La prima cosa bella di Paolo Virzì.. -
Merope Wood.
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il tema di Morricone lo ricordavo, ma francamente non ricordo di aver visto il film...cioé...probabilmente l'ho visto, ma non sapevo cosa stavo guardando...perché questa trama mi é più che familiare...
Ultimo Tango a Parigi invece lo ricordo eccome...devo dire che tutto sommato mi era molto piaciuto, partendo dal presupposto che non é il mio genere...e in quel contesto, nel periodo in cui é stato girato aveva un senso...c'é da dire che oggi, allo spettatore medio, tutte queste scene esplicite risulterebbero già viste...in un film di adesso sarebbero volgari...lì invece hanno un senso.... -
Crispilla.
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Giorno 20.
Amici miei, di Mario Monicelli, 1975
Quattro inseparabili amici d'infanzia fiorentini sulla cinquantina affrontano i loro disagi con scherzi anche di cattivo gusto a danno di malcapitati.
Conte Raffaello Mascetti è un nobile decaduto che, dopo aver scialacquato due eredità (la sua e quella della moglie), è costretto a vivere dapprima ospite degli amici poi in uno scantinato (il cui fitto, a sua insaputa, è per due terzi corrisposto proprio dagli amici). Rambaldo Melandri è un anonimo architetto alla perenne ricerca di una donna, per la quale sarebbe anche disposto ad abbandonare i suoi amici, salvo ravvedersi all'ultimo momento. Giorgio Perozzi (voce narrante del film) è un redattore capo di cronaca che cerca di sfuggire la disapprovazione per la sua poca serietà e il disprezzo per le avventure extraconiugali che il figlio (terribilmente serio e accigliato, l'esatto opposto del padre) e la moglie gli riservano. Guido Necchi gestisce con la moglie Carmen un bar con sala da biliardo, puntuale covo d'incontro del gruppo d'amici. Ai quattro amici di sempre si aggiunge, nel corso della narrazione, il dottor professor Alfeo Sassaroli, brillante primario ospedaliero annoiato dalla professione, che diventerà in breve uno dei pilastri del gruppo e sotto la cui spinta le bravate prenderanno nuova vitalità.
"il Mascetti", Ugo Tognazzi
"il Melandri", Gastone Moschin
"il Perozzi", Philippe Noiret
"il Necchi", Duilio del Prete
"il Sassaroli", Adolfo Celi
Ecco i cinque protagonisti che danno vita ad una delle più belle e amate commedie all'italiana.
Il tema dell'amicizia virile, già trattato da Monicelli in precedenti film (I soliti ignoti, L'armata Brancaleone, ecc.), assume però in Amici miei una connotazione più profonda: l'appartenenza alla "banda" formata dai quattro amici è l'unica certezza nel panorama economico, sociale e politico precario dell'Italia della prima metà degli anni '70.
Tutti i personaggi sono infatti alla ricerca di una via per dimenticare la noia o i problemi legati alla quotidianità: Mascetti è un nobile impoverito, Melandri non riesce a trovare una donna, Perozzi è disprezzato in famiglia, Necchi conduce un'esistenza mediocre e il primario Sassaroli è annoiato dalla professione.
In questo modo le "zingarate", ovvero gli intricati scherzi che essi organizzano, diventano un modo per esorcizzare le paure e le difficoltà più comuni dell'animo umano, persino la paura della morte.
L'amarezza e soprattutto la disillusione del popolo italiano si insinuano prepotentemente nel film, nel quale si ride, ma sempre con una certa malinconia e nel quale i personaggi assumono via via le sembianze di tristi pagliacci.
Il film ebbe un enorme successo di pubblico, che portò alla realizzazione di due seguiti: Amici miei: atto II (1982) e Amici miei: atto III (1985) quest'ultimo diretto da Nanni Loy.
Parole come "zingarata" e "supercazzola" sono entrate nel gergo comune, la prima con significato di burla, scherzo mentre con la seconda si intende un giro di parole che non significa nulla e vuole solo confondere chi lo ascolta.
Ecco la famosissima supercazzola al vigile:
« Mascetti: Terapìa tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo?
Vigile: Prego?
Mascetti: No, mi permetta. No, io... scusi, noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribài con cofandina? Come antifurto, per esempio.
Vigile: Ma che antifurto, mi faccia il piacere! Questi signori qui stavano sonando loro. 'Un s'intrometta!
Mascetti: No, aspetti, mi porga l'indice; ecco lo alzi così... guardi, guardi, guardi. Lo vede il dito? Lo vede che stuzzica? Che prematura anche? Ma allora io le potrei dire, anche con il rispetto per l'autorità, che anche soltanto le due cose come vice-sindaco, capisce?
Vigile: Vicesindaco? Basta 'osì, mi seguano al commissariato, prego!
Perozzi: No, no, no, attenzione! Noo! Pàstene soppaltate secondo l'articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati, per due, anche un pochino antani in prefettura...
Mascetti: ...senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapìa tapiòco.
Perozzi: ...dopo... »
Mitica anche la scena degli schiaffi ai passeggeri del treno in partenza alla stazione.
Curiosità: questa sequenza viene omaggiata nel film "Fantozzi alla riscossa", con la differenza che il treno è in arrivo, così i passeggeri colpiti possono vendicarsi sul povero ragioniere.. -
Merope Wood.
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superlativo...ineguagliuabili le scene degli schiaffi in stazione e della supercazzola al vigile ahahah
www.youtube.com/watch?v=yfRh8Bcu1Rg&feature=related
www.youtube.com/watch?v=89-p_JaWTWU
e vogliamo parlare dell'ispettore tombale con fuochi fatui di amici miei atto II?
www.youtube.com/watch?v=8K_jkB9lnAA&feature=related. -
Crispilla.
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Ahahaha!
La supercazzola prematura con scappellamento a destra!! Mitica!
Comunque oggi ho rivisto "I soliti ignoti", mamma quanto ridere!! Quando buttano giù la parete sbagliata nell'appartamento!
Non le fanno più commedie così oggi, nemmeno a pagarle oro!. -
Lily Hume.
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Amici miei è un cult! XD
Per questo mi rifiuto di andare a vedere il cosiddetto prequel che è uscito da poco al cinema....
Cri! anch'io adoro Gian Maria Volonté, che ricordiamocelo è bravissimo anche in Un Pugno di dollari... d iattori italiani versatili come lui, ce ne sono rimasti pochi!. -
Crispilla.
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Guarda Lily, se gli attori non fossero tutti morti sono certa che la boiata di Neri Parenti li ucciderebbe! E' veramente un'operazione commerciale e indecente, quasi sacrilega!
Giorno 21.
Fantozzi, di Luciano Salce, 1975
Il film racconta, attraverso vari esilaranti episodi, la vita quotidiana del ragionier Ugo Fantozzi, impiegato in una ditta che non si sà bene cosa produca (il nome infatti è: Italpetrolcemetermotessilfarmometalchimica), diviso tra la moglie bruttina ma devota, una figlia scimmiesca, una donna che ama ma sembra irraggiungibile, e i colleghi di lavoro. Ogni situazione, persino la più banale, si trasforma grazie alla proverbiale sfortuna del ragioniere, in un disastro dai risvolti inverosimili: dalle partite di calcio e tennis, al campeggio, passando per un triste veglione di capodanno, diete dimagranti carcerarie, cene cinesi a base di cane e tragiche gite sulla neve.
Perchè questo film è finito nella lista?
Non è certo un capolavoro di innovazione stilistica, recitazione, sceneggiatura, regia...forse nessuno con un minimo di intelligenza critica lo inserirebbe in una lista dei più bei film italiani, allora perchè è qui?
Perchè a mio parere, Fantozzi rappresenta un'icona (forse la più grande) del cinema comico italiano. Se in America hanno Jerry Lewis, se in Francia hanno Louis De Funés, noi italiani abbiamo fra gli altri, Paolo Villaggio.
Il suo ragioniere, malinconio e terribilmente iellato, rappresenta il prototipo dell'operaio del ceto medio degli anni '70, infelice in famiglia e schiavizzato sul lavoro (il suo primo incarico all'assunzione consistette in "spugnetta per francobolli").
Attraverso una serie di paradossi e racconti inverosimili, il film delinea un profilo nel quale è abbastanza facile riconoscersi, ma dal quale allo stesso tempo si possono prendere le distanze e dire "ah, a me almeno quello non è mai capitato! Sono fortunato!".
Fantozzi è un pò come i Simpson: a detta di Matt Groening, sono nati come stereotipo della famiglia media americana, nel quale tutti si possono ritrovare però allo stesso tempo, facendo un paragone, rivalutare la propria condizione, perchè non potrà mai essere peggiore di quella della famiglia gialla!
Se Fantozzi avesse problemi con le tasse da pagare, o con una moglie malata, risulterebbe altrettanto autentico, ma molto più realistico e triste; vederlo invece gettarsi dal balcone per prendere il tram o alle prese con una battuta di pesca che si conclude con una visione profetica, ci permette di ridere di gusto, ma pur sempre consapevoli che negli anni '70 si potevano incontrare molti Fantozzi.
Memorabili e ormai leggenda alcune scene del film, alcuni personaggi come la signorina Silvani, che Fantozzi corteggia disperatamente da 7 anni, il collegha Filini dell'ufficio sinistri, che coinvolge Fantozzi in iniziative squallide e dall'esito tragico, la moglie Pina (interpretata da Liù Bosisio che, se non lo sapete, doppia Marge Simpson), la figlia Mariangela che tutti scambiano per una scimmia, il Mega direttore galattico, il capo di Fantozzi dipinto come una figura divina.
E come dimenticare la mitica nuvola da impiegato, che segue Fantozzi dovunque vada, scaricandogli addosso un nubifragio ogni volta che è in vacanza.
Ecco alcune citazioni storiche:
Fantozzi e Filini giocano a tennis
Abbigliamento di Filini: gonnellino pantalone bianco di una sua zia ricca, maglietta Lacoste pure bianca, scarpa da passeggio di cuoio grasso, calza scozzese e giarrettiere; doppia racchettina Liberty da volano. Fantozzi: maglietta della GIL, mutanda ascellare aperta sul davanti e chiusa pietosamente con uno spillo da balia, grosso racchettone 1912, elegante visiera verde con la scritta "Casinò Municipale di Saint Vincent"
Filini: Allora, ragionere, che fa? Batti?
Fantozzi: Ma... mi dà del tu?
Filini: No, no! Dicevo: batti lei?
Fantozzi: Ah, congiuntivo!
La routine di Fantozzi al mattino
Per arrivare a timbrare il cartellino d'entrata alle 8 e 30 precise, Fantozzi sedici anni fa cominciò col mettere la sveglia alle 6 e un quarto: oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 7:51... vale a dire al limite delle possibilità umane! Tutto è calcolato sul filo dei secondi: cinque secondi per riprendere conoscenza, quattro secondi per superare il quotidiano impatto con la vista della moglie, più sei per chiedersi – come sempre senza risposta – cosa mai lo spinse un giorno a sposare quella specie di curioso animale domestico, tre secondi per bere il maledetto caffè della signora Pina – tremila gradi Fahrenheit! –, dagli otto ai dieci secondi per stemperare la lingua rovente sotto il rubinetto [...], due secondi e mezzo per il bacino a sua figlia Mariangela, caffelatte con pettinata incorporata, spazzolata dentifricio mentolato su sapore caffè, provocante funzioni fisiologiche che può così espletare nel tempo di valore europeo di sei secondi netti. Ha ancora un patrimonio di tre minuti per vestirsi e correre alla fermata del suo autobus che passa alle 8:01. Tutto questo naturalmente salvo tragici imprevisti...
Altri memorabili passaggi si trovano nel secondo film della saga di Fantozzi (l'unico che valga la pena di vedere, forse anche superiore al primo): Il secondo tragico Fantozzi del 1976.
Fantozzi e Filini a caccia:
Apertura della caccia. Quest'anno, travolto dall'implacabile Filini, sempre assatanato da nuove tragiche iniziative, anche Fantozzi ha deciso di parteciparvi. Abbigliamento di Filini: berrettone Sherlock Holmes con penna alla Robin Hood, poncho argentino di una sua zia ricca, scarpe da tennis con sopra galosce, carte topografiche e trombone da brigante calabrese. Fantozzi: berretto bianco alla marinara di sua figlia Mariangela, giacca penosamente normale stretta in vita da gigantesca cartuccera da mitragliatrice residuato della II Guerra Mondiale, fionda elastica, siero antivipera a tracolla, gabbietta con canarino da richiamo e gatto randagio da riporto subito fuggito durante le operazioni di partenza.
Fantozzi ad una cena aziendale:
Tordo! La cosa più difficile in natura! [...] Alla fine, decisione tragica: Tordo Intero!
Colori di Fantozzi: rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta, viola, viola addobbo funebre, blu tenebra. Sul blu tenebra Fantozzi andò in coma cardiorespiratorio.
Riso al forno con pomodorini di guarnizione. I pomodorini hanno questa tragica caratteristica: fuori freddi, dentro palla di fuoco a 18.000 gradi!
Quest'altro necessita di una premessa:
l'episodio migliore della serie è secondo me, quello che riguarda il Professor Guidobaldo Maria Riccardelli:
Il potentissimo professor Guidobaldo Maria Riccardelli era un fanatico cultore del cinema d'arte. Una volta la settimana obbligava dipendenti e famiglie a terrificanti visioni dei classici del cinema. In vent'anni Fantozzi ha veduto e riveduto: Dies irae di Carlo Teodoro Dreyer – sei ore –, L'uomo di Aran di Flaherty – nove tempi –, ma soprattutto il più classico dei classici, La corazzata Kotiomkin – diciotto bobine – di cui il professor Riccardelli possedeva una rarissima copia personale.
Ebbene, questo professore organizza continuamente queste sorte di tristi cineforum, durante i quali tutti si addormentano e Fantozzi è quasi sempre costretto a vedere il film inginocchiato sui ceci.
Una malaugurata sera, capita che la proiezione coincida con la partita dell'Italia contro l'Inghilterra:
Sabato 18, alle ore 20:25, in telecronaca diretta da Wembley, Inghilterra-Italia, valevole per la qualificazione della Coppa del Mondo. Fantozzi aveva un programma formidabile: calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero!
Fantozzi, raggelato dalla notizia, parte ma è ossessionato dalla telecronaca assurda che esce da ogni abitazione:
Parata miracolosa del portiere inglese. Rimessa dal fondo. Palla controllata da Benetti che lancia Pulici sulla sinistra. Scatto formidabile e cannonata di Pulici che sfiora il palo! La palla è ora controllata a tre quarti di campo da Bellugi. Da Bellugi a Capello in funzione di ala destra. Saltato il mediano inglese McKinley che cerca di morderlo al limite dell'area. Tiro, nuca del terzino inglese, tibia di Capello. Nuca ancora. Mischia paurosa! Naso! Nuca! Tibia! Nuca! Orecchio! Entra Pulici, fuori di un soffio! Scusate l'emozione, amici che state comodamente seduti davanti ai teleschermi, nessuno escluso, ma sono 170 anni che non vedevo una partenza così folgorante degli azzurri!
Giunto al cinema, Fantozzi apprende (tra lo sconforto generale e qualche svenimento) che dovranno vedere per l'ennesima volta "La corazzata Kotiomnkin", visione che terminerà con la celeberrima battuta di un Fantozzi estatico:
Per me... La Corazzata Kotiomkin... è una cagata pazzesca!
seguita da ben 92 minuti di applausi!.